1521 Notturno revisited
by Franco Pratesi, 26.12.2011

It seems that Nottuno’s work is still little known among card historians. About it, Lothar Teikemeier has asked me to insert my article, written about a quarter of a century ago, in these web pages. This I have agreed upon for the complete text of that old article, including a few sentences which at the time I wrote in support of the alternative hypothesis that this could be a 22-card pack. I remember my hesitation at that time whether this could really be considered a Minchiate pack. With respect to current knowledge, 1521 appeared to be too early to suppose the existence of a full pack of Minchiate – moreover in the countryside. Now, I am convinced that this pack had already been in existence for several years, or better decades.
It is however preferable that any reader reaches his own conclusion, and I am thus adding below the relevant part of the original work in question. It is evident that this poet was far from the level of the best poets of the time. This may in part explain the absence of suitable comments in the histories of literature and, consequently, in the histories of playing cards too. Another justification can be connected with the fact that this booklet appears to have been (or, at least, to be) very scarce.
Now, we can find bibliographies in internet in an easy way; at the time, it was harder than now to find catalogues and I was pleased to obtain a microfilm copy of this booklet from the British Library.
My aim now is just to provide to interested researchers the part describing the tarot game. For us, it not essential that the identification of “our” Notturno with Antonio Caracciolo is true or false, and the corresponding discussion can continue among the scholars of literature: we have the play published in the booklet, with date and place reported. The year of the actual performance in Sansepolcro could not be significantly different from the publication date of 1521 (the first bishop there, Galeotto Graziani, mentioned in the book, was entitled in 1520 and died in 1522).
It is not easy to copy the text of this booklet, even if it obviously remains easier than copying from a handwritten text.

K. E che vogliam star noi cusì ociosi
      Dichiam qualche facetia e loro in tanto
      Verran, poi partiren lieti e gioiosi.
D. Io facetia non so, ma dirò in canto
      Come amor mi distrugge e mi flagella.
      T. Et io darommi di lui gloria e vanto.
K. Tacete i n’ho trovato una più bella
      Vo che faciamo de triomphi un gioco
      Chio gli ho qui apunto meco in la scarsella.
C. Si per mia fede. D. E quivi non ce loco.
      K. E perché. C. perché haeran forsi dispetto
      Questi di questo e dispiacer non poco.
D. Anci ne prenderan sommo diletto
      Che son spirti gentili. T. Il ver dice egli
      Castalio dagli for, men a lo effetto.
K. Eccoi. D. Lassai veder. K. To. D. Come en begli.
      T. Son fatti qui. K. Apunto i fei portare
      Fin di la Spagna. C. Hor su sotii e frategli
Al gioco. D. E che vogliamo noi iocare.
      C. Nulla. Sol per piacer. D. Ben per piacere
      Vo che giocan, ma non senza dennare.
T. Eh giocare qui dennar non è il dovere.
      K. Made no chel dennar genera sdegno
      E il gaudio volteriase in dispiacere.
D. Giocan donque alcun scotto. T. Sì ma un pegno
      Mettiam, che tra noi poi non sia contesa.
      C. Io per me pongo questo anel per segno.
T. Et io cotesta mia amorosa impresa.
      D. Io sta forcella. K. E io questo manile
      Che hebbi da quella de chi lalma ho accesa.
T. E a chi li daren noi. K. A esta gentile
      Madonna, che i terrà e al vincitore
      Gli darà poi qual iusta saggia e humile.
D. Dategli qui, pigliatei nobil fiore
      Cusì farete a voi piacendo e noi
      Il scotto giocheremo e non lo amore.
T. E a quanti giochi volete far voi.
      C. Al primo, che a più lunga landarebbe
      E non vegnando lor, partiren poi.
K. Hor su facian, de chil tratto esser debbe.
      Levate tutti e gliè di Delio, hor presto
      Meschia e da fuor quel ch’altri non vorrebbe.
T. Hor gioca. D. To limperatore è questo.
      T. Limperatore. D. Sì. T. E questo è il Papa
      Che tutto pote o andassela dil resto.
D. Come dil resto o vadigli la capa
      E tutto il mio valor, che questo è mio.
      T. O vedi come chi non sa sincapa
O dimmi il Papa non è in terra Dio.
      D. Made sì. T. Donque hai persa la questione
      Che un Deo vince un mortal, perho vinch’io.
D. Hor contender non vo, ti do ragione.
      T. Mi la da la iustitia, come un tratto
      Lo sai, e sanlo tutte este persone.
Ioca tu. K. To. T. che cosa è questa. C. Il matto
      Che Imperatori Papi e Cardinali
      Vince e domina sol con un sciocco atto.
T. Donque voi por gli Dei con gli animali.
      K. Made no, ma gli matti hora son Dei
      Et son qua giuso, in tutto principali.
T. O veggio ben che for di senso sei.
      K. For di senso se tu che in sin gli morti
      Sanlo onde dici quel che dir non dei.
Non vedi tu per tutto e più in le corti
      Che senza questi principi e signori
      Vivon, senza contento, scemimorti.
Non sai tu che se alcun gratie e favori
      Vol, forza è andar di questi per le mani
      Che a tutti gli altri son superiori
E quanto più son temerarii e insani
      Tanto en più grandi, hor non più sei risciolto
      Confessa come perditor rimani.
T. Tu dici il ver, donque anch’io far vo il stolto
      Per farmi grande e haver propitia stella.
      K. Hor non più Caballin, volgi in qua il volto
E mira un poco questa, come è bella.
      C. Che cosa è questa. Per tua fede è il vechio
      K. Nol vedi tu. Rispondi si da quella.
C. To. Mi dispiace ben chio la sparechio
      Il bagatella è questo, dar til voglio.
      K. Glie mia, chl matto è de tutti altri spechio.
C. Di te mi meraviglio, anci mi doglio
      Che nosco in gioco poniti a la zuffa
      Senza intender il scritto di sto foglio.
Chi ben atteggia civetta e camuffa
      Astutamente, senza far il stolto
      Quel resta vincitor di la baruffa.
Non bisogna sciocchezza saper molto
      Non bisogna ignorantia ma virtute
      Volendo haver nel fin, qualche honor colto.
K. Tu dici il ver, tengo le labia mute
      E gliè tua tottalmente Caballino
      Che hia le virtuti in te tutte compiute.
C. Hor piglia e qui farai da paladino
      Se vinci questa, che lè la fortezza
      Che doma ogni mortal e ogni divino
Questa quella è che tutto stringe e spezza
      E il bagatella non pur, ma anchor vinta
      Spesso è ragion, da sua tanta fierezza.
D. Hor non più to questa è una Dea dipinta
      Chio ti rispondo, detta temperanza
      Che al mondo è diva, se ben quivi è finta.
T. E tu to questa che tutte altre avanza
      Chè la iustitia, senza di la quale
      Mancha ogni iusta e natual usanza.
D. Ben la iustitia adesso nulla vale
      Anci non vi si noma né si trova
      Chel suo corso è mancato qual mortale.
T. Mancato, cosa inaudita e nova
      Io sento, che iustitia mai non manca
      Perché è diva, anci ogn’hora più rinova
Si che perduta lhai, questa è mia franca.
      D. Tu dici il ver. K. Hor to questa Timbreo
      Che è il carro, in ch ogni gloria si rinfranca.
T. Che val il car. C. Come d’ogni tropheo
      D’ogni triompho ogni fausto e ogni pompa
      Ne questo il seggio è de ogni semideo
Non vè cosa qua giù, che non corrompa
      Se non questo, che ogn’hor più triomphando
      Sen va, senza che alcuno lo interrompa.
T. Parmi che questo vada sol rotando
      Colmo di fieno paglia pietre e legni
      Come istromento vile e miserando.
K. Anci i Dei tutti, de celesti regni
      Iove, Saturno, Apol, Mercurio e Marte
      Con questo adempion tutti i lor dissegni.
T. Sia maledetto il mio giocar de carte
      Che mai tener non ne poti pur una.
      K. Cusì advien chi entra in bal senza haver larte.
Hor to questa è la Rota di fortuna
      Che non pur move regge e doma il mondo
      Ma tutti gli pianeti e sol e luna.
C. O che tu fingi o che sei cusì tondo
      A voler por una con quattro rote
      Et adeguar il cielo col proffondo.
K. O che parole d’intelletto vote
      A metter di fortuna lalta insegna
      Con queste cose vil basse e idiote
Non vè cosa ima mediocre o degna
      Che cotesta non cangi a suo diletto
      E che in un punto non accenda e spegna.
Donque confessa il suo fallo e diffetto
      Come nulla non intende e vol iocare.
      C. Hor su non più gliè tua questo è lo effetto
Timbreo in fin gliè sua, non contrastare.
      Ma per chiarirvi tutti il vechio è quivi
      Che non sapendo faravi imparare.
D. Il vechio non è in numer de gli vivi
      Anci è cosa insensata e scemimorta.
      C. Scemimorta anci è in numer de gli divi
Deh dimmi ovedi tu persona accorta
      Che gioven sia se non è carca de anni
      Che ogni excellentia il tempo seco porta.
K. Caballin, per mia fé tu ci usi inganni.
      C. Come inganni non sai chel tempo è quello
      Chel tutto vince e dona gaudio e affanni
Sì che non contrastar, chel non è bello
      Conoscendo haver perso, che ogni modo
      Se perdi, non gli va se non lo anello.

For people not familiar enough with old Italian writing, I fear that searching unknown words in the dictionary will not be as useful as normal, because of the unusual spellings of most words (just as an example: “anci” instead of “anzi”). However, I have kept the text as faithful as possible to the original writing; just have allowed myself to 1) insert missing accent marks at the end of words, 2) add most of the punctuation marks, 3) distinguish letters u and v, both printed here with u, as in ancient texts, 4) use C for Caballino, K for Castalio, D for Delio, and T for Timbreo.

The article refers to an older research to the text of Notturno Napolitano by Franco Pratesi in 1988.
The old article is given here








Franco Pratesi (Nov. 2011 - Oct. 2012)
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