FIORENTINI, ALEMANNI E IMPERATORI
by Franco Pratesi, 1996
(from: Cartophilia Helvetica, 11.Jahrgang, Bulletin No. 4, pp. 11-13)

Negli ultimi anni ho potuto riportare all’attenzione degli esperti diversi documenti sui primi sviluppi dei trionfi in Italia. Non ho invece ancora avuto occasione di trovare qualcosa di nuovo sulla diffusione a nord delle Alpi del Karnöffel o Kaiserspiel; anzi, non ho neppure avuto finora occasione di procurarmi molti degli studi già pubblicati al riguardo in lingua tedesca. È però un dato di fatto che questi giochi sono, in qualche imprecisata maniera, imparentati. Originariamente, sarebbero uno gioco di corte a sud delle Alpi, l’altro gioco di popolo a nord. Ma in questo settore si assiste a un curioso intreccio fra antichi giochi di carte, antiche carte da gioco, e rispettive provenienze.
Ho letto più volte e con molta fatica il confronto tra Karnöffel e trionfi sviluppato da Michael Dummett, a cominciare da: "The Game of Tarot", London 1980, pp. 184-191. Personalmente, non sono ancora riuscito a capire bene quale di questi giochi abbia fornito all’altro l’idea della briscola. La discussione sull’argomento dipende dai dati a disposizione e dalla mente che li elabora. Ora la mia mente - a cui pure sono abbastanza affezionato - non si avvicina neanche da lontano alla finezza di quella di un Dummett. Sarà per questo, sarà per la mia stessa origine popolare, ma devo ammettere che non riesco a digerire tutta l’importanza data alle corti rinascimentali in questa materia.
Capisco che la gente comune aveva poco tempo libero da dedicare al gioco delle carte; capisco che solo i ceti più elevati si potevano permettere costose carte miniate; capisco che oggi è più facile disquisire a lungo sulle preziose carte conservate dagli ambienti di corte di Milano e Ferrara che su quelle dei comuni cittadini, allora molto più diffuse ma che raramente ci sono pervenute. Tutto ciò è vero, ma solo fino a un certo punto.
Una cosa di cui sono certo è che l’ambiente fiorentino poco aveva a che fare con quelli delle corti di Milano o di Ferrara: forse più tardi si poté arrivare a qualcosa del genere, ma all’inizio del Quattrocento i Medici erano una delle tante famiglie di mercanti di Firenze, un comune dove i pochi nobili di antico lignaggio erano attentamente tenuti fuori dalle cariche pubbliche.
Si deve notare che la Firenze dell’epoca era caratterizzata dal commercio, e dall’attività produttiva delle varie "arti" cittadine. Per la fabbricazione delle carte da gioco si richiedeva una notevole disponibilità di ritagli di pergamena, una lavorazione particolare di questa o della carta, una utilizzazione della pittura in larga serie, una introduzione di tecniche nuove e più adatte. Ma pochi luoghi potevano allora competere con le possibilità di lavorazione artigianale di
Firenze, con elevate caratteristiche di qualità e quantità.
Nei vecchi documenti fiorentini si trova che le persone condannate agli inizi del Quattrocento a pene pecuniarie perché sorprese a giocare a carte non erano i primi cittadini della città (probabilmente nessuno si sarebbe sognato di condannarli), ma proprio gente comune, che giocava presso le porte della città o in qualche osteria. Con che carte giocavano? Certamente non con carte che costavano patrimoni. A giudicare dall’ambiente e dalla frequenza dei casi, le carte dovevano essere diventate già da tempo oggetti di uso quotidiano. Al riguardo, ci imbattiamo in diversi punti oscuri, come la data di inizio della stampa delle carte da gioco con blocchi di legno incisi. Non so quanto sia lecito anticipare, già all’interno del Trecento, la comparsa di questo mestiere, e quindi la produzione "a stampa" di carte da gioco ormai divenute di serie. Per le stoffe, si trova scritto che il sistema della "stampa" era in uso già da lungo tempo.
Non riesco comunque ad accettare che contemporaneamente, nella prima metà del Quattrocento, le carte potessero essere materia vile e i trionfi materia nobile. La lavorazione era la stessa, a parte qualche piccola complicazione, tutto sommato secondaria, derivante dalle figure addizionali (ricordiamoci che il più semplice sistema francese di usare stampini forati per la fabbricazione delle carte numerali era ancora tutto da inventare).
A mio parere, i preziosi tarocchi usati a corte a metà Quattrocento - troppe volte descritti e ridiscussi - non necessariamente erano dei prototipi, che solo in seguito, e lentamente, si sarebbero diffusi verso la plebe. Non vedo perché non avrebbe potuto verificarsi il passaggio inverso, con carte già in uso presso il popolo che venivano pure usate - in versioni modificate, in copie di maggior pregio, eventualmente anche, e perché no, in esemplari unici - dai nobili delle corti delle maggiori città dell’Italia settentrionale.
Il discorso interessa dunque l’Italia (specialmente corti del nord come Milano e Ferrara e cittadinanze del centro come Bologna e Firenze), ma interessa anche l’Alemagna. Gli esperti della lavorazione delle carte erano spesso registrati come alemanni (che, nell’uso dell’epoca, credo comprendessero almeno svevi, bavaresi e svizzeri-tedeschi di oggi) e li troviamo precocemente documentati, a Bologna per esempio. E nessuno associa alle corti principesche questi artigiani ambulanti.
Ciò che avvicina Firenze e Alemagna è prima di tutto l’abilità tecnica, la capacità di fabbricare carte a buon mercato e in quantità notevole. Mi sembra allora che gli alemanni si siano presto rivelati meglio preparati nella tradizionale lavorazione degli stampi di legno, e che i fiorentini siano stati meglio preparati a lavorare pergamena e carta e a dipingerle. In entrambi i casi ci troviamo fra gente del popolo, senza corti di nobili a dettar leggi e costumi. L’impressione è che né fiorentini né alemanni avessero bisogno della corte di Ferrara per farsi venire nuove idee su come migliorare la produzione delle carte, ed eventualmente il gioco tradizionale stesso.
Un tratto che unisce carte e giochi, Firenze e Alemagna, con Ferrara solo sullo sfondo, è il collegamento "imperiale", che coinvolge entrambi i settori delle carte da gioco e dei giochi di carte: ciò avviene con testimonianze a nord delle Alpi per il gioco "da imperatori" o Kaiserspiel (equivalente svizzero del Karnöffel) e per le carte "da imperatori" a sud.
Il principale nodo da sciogliere è per me proprio la ricostruzione delle "carte da imperatori", ricordate a metà Quattrocento nei libri di spesa della corte di Ferrara ma che, in un noto documento, furono sì registrate per l’uso di quella corte ma dopo essere state acquistate a Firenze già nel 1434 (As de Tréfle, n 54, 1995, pp. 16-17), cioè più di quindici anni prima delle più antiche testimonianze note sulla loro produzione ferrarese!




Side bar pictures and text added by Lothar Teikemeier
In 1423 appeared a note in the Ferrarese account books about "VIII Imperatori cards".
In 1426 the word Karnöffel appeared as a game in Nördlingen (Germany). This game was later also called Imperatori or Keyserspiel.



In this time reigned Emperor Sigismondo (1411-1437)



The Emperor in one of the oldest Trionfi card decks had similarity to Sigismondo. The deck was commissioned by Francesco Sforza, who hadn't a very good relationship to Emperor Frederick III, who had followed on Sigismondo.



In 1422 (so very near to the Imperatori game in Ferrara - 1423 - and the Karnöffel game in Nördlingen - 1426) appeared the poem "Spruch vom römischen Reich", in which the political ranks of the German Empire were presented in groups of 4 elements, so very similar to the 4 suits in a card deck. This system became very popular during 15th century and found many representations.

Franco Pratesi (Nov. 2011 - Oct. 2012)
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